“Cara famiglia FIVIR,
Sono arrivata a voi attraverso un parente. Dopo anni passati a inseguire un sogno, ero veramente delusa e abbattuta. Ricordo le mie prime parole quando ho mostrato i miei valori a Marita. Le dissi: “Per favore, ho bisogno che lei sia molto chiara con me. Voglio sapere quali sono le mie possibilità e quali alternative ho”. Detto, fatto: nessuno mi aveva mai parlato in modo così chiaro prima. Il mio problema era una endometriosi con conseguente invecchiamento precoce e disfunzioni ovariche. L’opzione migliore era una ovodonazione.
La mia speranza era sempre stata quella di avere un figlio biologico e uno adottato. Volevo sapere com’è avere una vita nella mia pancia, ma volevo anche dare una vita migliore a un cuoricino già esistente. Con l’ovodonazione, potevo avere entrambi.
Potevo offrire una vita a un essere che, per le sue condizioni, non era mai nato e potevo nutrirlo e sentirlo nella mia pancia. E poiché essere genitori è una questione di coppia, con il mio uomo abbiamo deciso che se volevamo una famiglia questa era la migliore opzione per noi.
La preparazione è durata circa tre mesi perché il mio corpo non rispondeva come sperato, ma Marita ci incoraggiava, dicendoci che fino a che tutto fosse pronto non valeva la pena rischiare, che dovevamo essere pazienti, che alla fine avremmo avuto il nostro bambino.
Un giorno, all’improvviso, Marita ci ha detto: ragazzi, siamo pronti!
Ci ha detto: “Voglio qui te mercoledì per lo spermiogramma – e quanto a te, ti aspetto lunedì per il trasferimento dell’ovulo”.
Mio Dio! Ero una groviglio di sentimenti contrastanti, ansia, speranza, attesa….
Avevamo cinque giorni davanti, Silvia ci informava ogni giorno dei progressi degli ovuli fecondati e alla fine è arrivato “il” giorno, il 4 agosto. Durante il trasferimento ci sono state delle complicazioni. Non sapevamo perché, ma non riuscivano a inserire gli ovuli fecondati. Nonostante questo, Marita ha trovato infine il modo di aprire loro un varco.
La prima settimana è passata normalmente, non sentivo nulla di particolare, forse solo qualche odore più forte, piccoli dettagli insomma. La settimana successiva sono stata male, tra nausea e diarrea.
I giorni sono passati… e quando sono arrivata alla clinica per i risultati del test di gravidanza, appena ho visto Vicente sono scoppiata a piangere sconsolata – sapevo che c’era qualcosa che non andava. Ne ho avuto la conferma, il risultato delle analisi era negativo. Un altro schiaffo.
Insoddisfatta del risultato, a settembre Marita ci ha proposto un nuovo test per indagare le cause delle complicazioni. Mi hanno analizzata e, non so quale sia il nome della cosa, ma abbiamo scoperto che la cervice era deviata e che questo impediva agli ovuli fecondati di entrare in utero con un pass “Vip”. Il 6 ottobre, con questo asso nella manica, Marita ha creato una superstrada verso l’utero e ha trasferito 3 embrioni. Uno in realtà era pigro, ma alla fine è entrato pure lui.
Alle 8 di mattina del 15 ottobre, Vicente mi ha accolta con il suo solito sorriso e le sue parole di incoraggiamento, ho fatto di nuovo il test di gravidanza, dopo che, tre giorni prima, avevo avuto gli stessi sintomi della volta precedente. Alle 10 dello stesso giorno Vicente mi ha richiamata.
– Sono Vicente della FIVIR, ti passo Silvia, la nostra biologa.
– Ok, resto in linea.
– Ciao, sono Silvia, ho i risultati delle analisi. Sono positivi. Non sono in grado di dirti quanti sono in questo momento, ma sei incinta.
Non ho più sentito niente, ho cominciato a piangere. Ero per strada, la gente mi guardava, ma non mi importava. Silvia all’altro capo del telefono mi diceva, “Stai calma!”, che nella mia condizione non era una buona cosa piangere, ma in quel momento me lo sono concessa.
Dio, che eccitazione!
Avevo aspettato questo momento così a lungo, per quattro difficili anni, e ora finalmente ce l’avevamo fatta, saremmo diventati genitori. Semplicemente… ero felice!
Potete immaginare cosa è successo dopo. Ho chiamato il mio uomo per dirgli che saremmo diventati genitori, era così felice anche lui che gli è caduto il telefono di mano. Ho chiamato mia mamma, che aspettava mie notizie, era un fascio di nervi. Stava prendendo un caffè con mio padre e per celebrare ha chiesto anche un panino per mezzogiorno.
Quando l’ho detto ai miei suoceri c’è stata un’esplosione di gioia, abbracci, lacrime di speranza…
Alla fine, famiglia FIVIR; questi sono stati i giorni che ho passato tra voi. Non so come ringraziarvi per aver trasformato i miei sogni in realtà. Il mio bambino, al nono mese di gestazione, e io stiamo bene. Il papà ci ha coccolati così tanto. A Vicente, grazie per aver asciugato le mie lacrime. Grazie per avermi sempre accolta con il sorriso e per avermi fatta sentire a casa, sei il migliore, non cambiare.
A Silvia, grazie per esserti presa cura dei miei bambini come se fossero i tuoi e grazie per questo bellissimo libro degli embrioni, sono così teneri.
A Rosa, che non ho avuto il piacere di incontrare, grazie lo stesso, sono certa che anche tu sia meravigliosa.
E a Marita, quando ero tra le tue braccia e avevo perso le speranze, tu sei riuscita a ridarmi il mio sogno. È stato difficile, ma è valso tutta la fatica. Grazie per avermi dato consigli come una madre. Grazie per aver trasformato un sogno in realtà.
Grazie per aver dato vita a questo progetto: quello di essere genitori.” -ANGELA